Home

Home

We brand

We brand

Servizi

Services

Work

Work

In cosa crediamo

Woran wir glauben

Gustave’s

Gustave’s

News

News

Contatti

Kontakt



Chi é Davide Lacerenza

chi è davvero l’uomo dietro la Gintoneria: l’ascesa, la caduta e il tentativo di rebranding personale

da | 3 Dic 2025 | Branding | 0 commenti

Introduzione – Dal foro ai talk show: la ribalta nazionale

Per anni, il nome Davide Lacerenza è stato quasi un marchio registrato della notte milanese. Non il tipo di nome che capita per caso sul feed: compariva ovunque, fra sciabolate di champagne, video aggressivi e storie che sembravano uscite da un film poco sobrio. Poi, la caduta. E oggi, la fase più inattesa: un tentativo di redenzione che ha il sapore di chi ha visto il fondo e ora cerca di tirarsi su, magari con movimenti ancora incerti ma riconoscibili.

Questo articolo segue passo passo la traiettoria del suo brand personale, usando gli stessi criteri che si applicano ai brand aziendali: identità, evoluzione, crisi, ricostruzione.

Davide Lacerenza chi è: una biografia costruita fra strada e notte

Davide Lacerenza nasce a Milano il 25 ottobre 1965, figlio di una famiglia semplice, cresciuto nel quartiere Lorenteggio, dove maturi presto un certo istinto per capire le persone e le situazioni. Dopo aver lasciato la scuola, lavora al mercato ortofrutticolo: un luogo dove impari cosa significa convincere, trattare, vendere. È una palestra di branding inconsapevole: ogni bancarella è un micro-mondo, un modo di raccontarsi. Lacerenza assorbe tutto.

Quando nel 2005 rileva insieme a Stefania Nobile un piccolo bar in zona Greco, non ha ancora la fama, ma ha una cosa rara: un certo gusto. Sa riconoscere la qualità. E qui, per un breve periodo, è quasi un imprenditore culturale senza accorgersene. Crea un locale che lavora su due pilastri molto forti nel branding enogastronomico: prodotto esclusivo e narrazione. Nel menu compaiono ostriche selezionate con curachampagne di fascia altaetichette ricercate. La proposta è posizionata: non per tutti, non “fighetta”, ma costruita per chi apprezza il valore del prodotto prima della scena.

La primissima Gintoneria, prima dell’esplosione social, era proprio questo: un locale che stava tra cultura gastronomica e night life elegante. Non era l’impero della notte che sarebbe diventato, era più piccolo, più vero. E questa fase iniziale, in termini di branding, è cruciale: Lacerenza aveva intuito una nicchia precisa, fatta di gusto, ritualità, selezione, atmosfera. In altre parole, aveva un’identità.

Il problema arriva quando quella identità inizia a piegarsi sotto il peso del personaggio. Il locale, da ambiente costruito attorno al prodotto, si trasforma lentamente in un palcoscenico costruito attorno a lui. I video rumorosi, lo stile sopra le righe, la provocazione continua: tutto questo attira un pubblico diverso, composto non più da appassionati di cultura enogastronomica, ma da persone in cerca di status effimero, soldi facili e una versione distorta del lusso.

Dissoluzione del posizionamento

Nel giro di pochi anni, il posizionamento iniziale si dissolve. Il brand passa dall’essere “luogo di qualità” a “luogo di scena”, e da lì a centrale grigia della notte, con frequentazioni a dir poco discutibili. Le indagini successive mostrano un locale che non aveva più niente della sua fase originaria: non era cultura, non era gusto, non era selezione. Era un posto dove giravano soldi, cocaina, prostituzione e un vissuto culturale praticamente inesistente. Un esempio quasi da manuale di brand drift: la distanza progressiva fra la promessa iniziale e la realtà finale.

E qui c’è un aspetto interessante, anche un po’ amaro: Lacerenza sapeva costruire identità, ma non ha saputo custodirla. Ha lasciato che il personaggio divorasse il progetto. Il risultato è stato un crollo non solo personale ma anche di marca, come se la sua immagine e quella del locale fossero legate da un’unica corda che, una volta spezzata, ha trascinato entrambe giù.

Analisi tecnica: perché il posizionamento iniziale è collassato (e come è successo, passo dopo passo)

Dal punto di vista del branding il caso Gintoneria è un esempio classico di brand drift accelerato da una serie di bias strategici e meccanismi di feedback incontrollati. All’origine c’era un product-market fit chiaro e ripetibile: una proposta enogastronomica definita (ostriche selezionate, champagne di fascia alta, etichette ricercate) abbinata a un setting esperienziale (lighting, mise en place, servizio) che parlava a un segmento di nicchia — clienti con taste sophistication. Questo primo stadio costruisce brand equity reale: percezione di qualità, fiducia sul prodotto e willingness to pay. 

Step del collasso

Il collasso non è stato istantaneo: è stato il risultato di una serie di fratture nella value proposition e nella governance del brand.

  1. Spostamento del focus dalla proposizione di valore al proprietario-brand
    Il locale ha progressivamente centralizzato la comunicazione attorno alla figura personale di Lacerenza (e non più quella di esperto di cultura enogastronomica). Quando il founder diventa il principale asset narrativo, la brand architecture si trasforma: il brand del locale e il personal brand si sovrappongono. Questo crea dipendenza da personal charisma e aumenta il rischio sistemico. In termini tecnici: diminuisce ladiffusione del valore istituzionale verso il consumatore e aumenta la concentrazione reputazionale su una singola persona.
  2. Cambio di audience (mis-segmentation)
    Le attività di comunicazione — video provocatori, sciabolate, ostentazione — hanno scalato rapidamente l’awareness, ma non hanno portato il pubblico desiderato (gli appassionati di enogastronomia). Hanno attratto un segmento con alta disponibilità di spesa ma basso cultural match con la proposta originaria. Questo è un classico errore di segmentation/targeting mismatch: volume e valore non sono la stessa cosa. Gli utenti che cercano lo status performativo portano dinamiche di consumo diverse (es. consumo ostentativo, ricerca di esperienze extreme), che hanno degrado l’esperienza core per i true believers del prodotto.
  3. Effetto piattaforma e amplificazione delle esternalità negative
    I social hanno agito da moltiplicatore: l’algoritmo premia engagement, non qualità. Contenuti polarizzanti generano reach, che attira operatori opportunistici e comportamenti predatori (trading di droga, prostituzione). Qui entra in gioco il concetto di negative externalities: la visibilità porta vantaggi ma anche costi reputazionali e operativi non internalizzati dal business model.

e ancora

  1. Rottura delle capability operative e controllo qualità
    Un locale posizionato su qualità organolettica richiede supply chain stretta, standard di servizio elevati, selezione clienti e controllo dell’esperienza. Quando la priorità diventa lo show e la monetizzazione rapida, le capability si erodono: staff meno selezionato, controllo ingresso più permissivo, partnership meno curate. Il risultato è il decadimento sistemico (o la trasformazione) della customer experience e la perdita di retention del segmento originale.
  2. Path dependency e lock-in reputazionale
    Una volta che certi segnali (video, foto, gossip) vengono associati in modo persistente al brand, è difficile invertire la traiettoria: la reputazione opera come un sistema dinamico con inerti forti. Le azioni correttive richiedono investimenti in tempo, cambi di governance, e spesso anche rinuncia a ricavi a breve termine. Senza questi interventi strutturali, il brand resta intrappolato in un ciclo di erosione.
  3. Mancata governance del rischio legale e reputazionale
    Infine, la sottovalutazione del rischio regolamentare (controlli, sequestro beni, procedimenti giudiziari) ha trasformato problemi interni in shock esterni che accelerano la perdita di fiducia. Il modo in cui vengono gestiti quei momenti (trasparenza, accountability, cambio di leadership) determina se il brand può riposizionarsi o affondare definitivamente.

In sintesi: non è stato un “peccato” o una “mala sorte”. È stata la conseguenza prevedibile di un insieme di scelte strategiche che hanno disallineato proposta di valore, audience target e capability operative, amplificate da dinamiche social che premiano l’effimero. Da manuale del branding: quando l’asset narrativo (il founder-brand) sovrasta l’asset prodotto, e non esiste governance forte per difendere il posizionamento, il rischio di conversione del brand in qualcosa di completamente diverso — spesso degradato — cresce in modo esponenziale. Per chi volesse approfondire, può vedere il nostro articolo sul branding.

Davide Lacerenza giovane: l’archetipo del self-made man senza filtri

Nella sua narrativa personale, Lacerenza usa spesso il passato da fruttivendolo come cornice eroica. È la versione milanese del “mi sono fatto da solo”, ma con un’estetica più street e meno rassicurante. Anche il rapporto con figure come Fabrizio Corona, altro protagonista del teatro mediatico italiano, ha contribuito ad alimentare questa immagine borderline che piace molto ai social.

L’arresto: quando il brand implode

Il 4 marzo 2025 tutto si ferma. Arresti domiciliari per lui, Stefania Nobile e un terzo individuo. Le accuse sono pesanti: sfruttamento della prostituzione, spaccio, reclutamento di ragazze per le serate, autoriciclaggio. La Gintoneria chiude, arrivano i sequestri, perfino la collezione di bottiglie (valore enorme, si parla di più di un milione di Euro commerciabili) finisce all’asta.

Lacerenza patteggia 4 anni e 8 mesi, affidamento ai servizi sociali. Ne parla come di un punto di rottura: “Guardavo i video e mi facevo schifo”, ha dichiarato. C’è anche il capitolo sulla droga: ammissioni, ricoveri al S.E.R.T., un ictus (ma non grave) che lo avrebbe portato a un momento di fragilità estrema, e un dimagrimento di 22 kg.

Da brand irresistibile a case study di autodistruzione.

insieme di persone

(Foto LaPresse)

Che fine ha fatto Davide Lacerenza dopo i domiciliari

Durante la sua permanenza ai domiciliari, Lacerenza compare più volte alla sua finestra sulla strada. Quelle vetrate diventano iconiche, un simbolo di una persona che sta lottando contro se stessa. Da fuori, si percepisce quasi la lotta tutta interiore che Davide Lacerenza sta conducendo in solitaria in quei pochi metri quadri. C’è chi gli offre un alloggio differente, molto più grande ma lui rifiuta. Vuole e ha bisogno del rapporto così viscerale ed intenso (anche se senza contatto) con il suo “pubblico”. Lacerenza capisce perfettamente che allontanarsi dalla scena nel suo momento più buio sarebbe stato precludersi la via per rinascere agli occhi di quello stesso pubblico in futuro.

Pur non potendo apparire, riesce a far parlare di sé attraverso vari canali (uno su tutti, la Zanzara, Radio24) e a far pesare la propria contradditoria personalità. Questo è un insegnamento per tutti i brand: mai sparire, mai voltare le spalle alle persone. Sfruttare ogni momento negativo per raccontarlo come una fase necessaria e importante.

due uomini alla finestra

Quando esce, a settembre 2025, il clima attorno a lui è strano. Una parte del pubblico lo deride, un’altra osserva curiosa. Lui, invece, appare come se stesse cercando di disinnescare una bomba esplosa sotto ai suoi stessi piedi.

Sparisce dai locali. Lavora come dipendente generico, frequenta il Serd e si racconta come astemio totale. La famosa Ferrari nera? Non più parte della mise en scène. I videini folli? Spariti.

Il rebranding: da demone tentatore ad angelo protettore

A questo punto entra in scena la parte più interessante sul piano del branding: Lacerenza non si limita a dire “sono cambiato”. Costruisce una nuova estetica.

  1. Bottiglie di latte sul comodino
  2. Tonica, acqua, crocefisso
  3. Mini-vlog sobri, voluti quasi banali
  4. Il tatuaggio “Ha ucciso il suo demone”
  5. Il racconto insistito dell’anti-droga: “Se toccate la droga perdete tutto. Non solo la Ferrari, ma la sicurezza di sé.”

È un cambio simbolico molto forte: dalla tentazione al monito, dalla notte al giorno. E funziona proprio perché arriva da uno che, agli occhi del pubblico, “c’era dentro fino al collo”. L’autorità nasce dall’aver visto il male, non dall’averlo studiato. Ecco a cosa serviva non sparire durante la crisi: era funzioanle ad accreditarsi successivamente come una persona che avendo vissuto il male, poteva esorcizzarlo in chiave collettiva, divenendo una speranza di redenzione per tutti.

Lacerenza non è il primo a tentare questa rinascita

Questa operazione è attuale in molti personaggi storici e anche dell’attualità. Pensiamo ai pentiti di Mafia che girano le scuole per raccontare quanto sia oscura la criminalità o a quei figli di gerarchi nazisti, diventati poi attivi nel mondo della solidarietà e del volontariato verso le persone fragili. Questi contrappassi, assurgono a vere e proprie icone simboliche di un archetipo fondamentale nella cultura cosiddetta occidentale (ma non orientale), ossia la Conversione. Lacerenza sta cercando di accreditare se stesso in termini, diremo senza scandalizzare nessuno, quasi di sacralità.

Con le dovute proporzioni e distanze, il modello a cui sta guardando in questo momento Lacerenza potrebbe essere individuato in San Francesco d’Assisi. Non è un caso il richiamo al crocifisso, il riferimento ai “demoni” interiori, al Latte (elemento che ci riporta all’infanzia, alla Santità) e alla castità attuale.

Lacerenza nel 2023:

Lacerenza oggi:

Il problema di questo tipo di operazioni di rebranding è che vanno coordinate e seguite con una costanza quasi paranoica. Partendo dal modello San Francesco, chiunque non cerchi (per lo meno) di avere la sua coerenza (a vita!), rischia di diventare un bluff. Nulla è più pericolo per un Brand come il tradimento dei propri valori e della propria identità (Ferragni’s Case docet). Lacerenza ha solo una strada davanti a lui, essere coerente con la sua nuova immagine. Per molto e molto tempo. Solo allora potrà essere certo di aver costruito un rebranding davvero solido.

I temi che lo hanno coinvolto hanno a che fare con tematiche etiche e, diremo, di sicurezza perosnale ed è per questo che la sua immagine ora ha bisogno quasi della Santità color “latte”. Tradire in futuro questo presidio mentale nel suo pubblico, equivarrebbe a toglierli completamente l’unica cosa di cui vive un Brand: la credibilità.

Davide Lacerenza oggi: immagine, reputazione e ciò che resta del brand

La domanda ricorrente online è: “Cosa è successo a Davide Lacerenza?”
Un’altra, più secca: “Cosa rischia ancora?”
E poi:
Gintoneria, domiciliari, intercettazioni, Zanzara, Le Iene, ex moglie, patrimonio, denti, tatuaggio, prima e dopo…

Queste ricerche non parlano solo di curiosità morbosa. Indicano una cosa precisa: l’immagine di Lacerenza è ancora un terreno caldo. Il personaggio resta riconoscibile, anche a pezzi. La questione non è più se tornerà il “demone della notte”, ma se riuscirà davvero a vendere la versione del “protettore redento”.

In questo senso, paradossalmente, la crisi gli ha dato più materiale narrativo di qualsiasi sciabolata di champagne.

Davide Lacerenza e il futuro del suo brand

Non è detto che la sua “rinascita” funzioni a lungo. Il pubblico ha memoria corta ma è anche spietato: oggi applaude la redenzione, domani si annoia. Lacerenza, però, sembra voler giocare la carta più difficile di tutte: la normalità. Meno rumore, meno luci, più vita privata.

Per uno che ha fatto del rumore la sua cifra stilistica, è un rebranding enorme. Bisogna vedere se regge o se è solo una parentesi. Da qui, come detto, dipenderà la credibilità della sua immagine e dunque il riposizionamento effettivo oppure posticcio di se stesso.

Come si costruisce un rebranding autentico: dalla teoria alla pratica

Quello che Lacerenza sta provando a fare oggi non è solo un cambio di abitudini o un gesto simbolico: è un’operazione di posizionamento strategico personale. Trasformare un’immagine pubblica consolidata, specialmente quando questa ha attraversato scandali, notorietà e derive social, richiede una coerenza ossessiva, una narrativa chiara e simboli che parlino immediatamente al pubblico.

È proprio qui che entra in gioco il concetto di branding umano e culturale. Così come Lacerenza costruisce simboli, rituali e messaggi che raccontano la sua nuova identità, anche i professionisti e le realtà creative hanno bisogno di strumenti per tradurre valori, storia e personalità in percezioni concrete e coerenti. Non basta dichiararsi cambiati: il pubblico riconosce la verità solo attraverso segnali costanti, coerenti e credibili.

Scopri di più su come lavoriamo: gustavesdesign.com

Conclusione: un caso di studio perfetto tra immagine, caduta e reinvenzione

Sia nel bene che nel male, Davide Lacerenza è diventato un personaggio che illustra alla perfezione come si costruisce, distrugge e reinventa un brand personale.
Si può criticare tutto, è legittimo.
Ma dal punto di vista del branding, la sua traiettoria contiene ogni ingrediente: ascesa, eccessi, collasso, scandalo, silenzio, reinvenzione.

Ed è proprio qui che sta la parte interessante: nella trasformazione di un simbolo della notte in un narratore della sobrietà.
Se durerà, lo dirà il tempo. Ma intanto, caso di studio è, e caso di studio rimane.

Risorse e articoli per approfondire la vicenda Lacerenza / Gintoneria

  • “Fanpage.it – Davide Lacerenza e le serate in Gintoneria: “Lo sanno tutti che a Milano i soldi veri si fanno di notte”” — reportage sulle serate, le accuse e le dichiarazioni dello stesso Lacerenza. (Fanpage)
  • “Fanpage.it – Caso Davide Lacerenza, restano chiusi La Gintoneria e La Malmaison: “Potrebbero essere gestiti da prestanome”” — dettagli su sequestro dei locali e contesto delle indagini. (Fanpage)
  • “Corriere Milano – Davide Lacerenza patteggia a Milano quattro anni e otto mesi, all’asta le bottiglie della Gintoneria” — aggiornamento sulla sentenza, confisca degli alcolici e implicazioni legali. (Corriere Milano)
  • “Fanpage.it – Come Davide Lacerenza giustificava le serate da 70mila euro alla Gintoneria su Instagram” — esempi visivi e mediatici del suo stile di vita prima dell’arresto. (Fanpage)
  • “Fanpage.it – Davide Lacerenza torna libero: revocati i domiciliari al titolare della Gintoneria di Milano” — nota sul ritorno in libertà e le condizioni a settembre 2025. (Fanpage)
  • “Il Tirreno – Davide Lacerenza: Chi è l’imprenditore milanese arrestato per favoreggiamento della prostituzione” — una panoramica sulla biografia e sul coinvolgimento nella vicenda giudiziaria. (Il Tirreno)
  • “MilanoToday – Alla Gintoneria di Davide Lacerenza il “core business” erano “le prostitute” e il “divertimento senza freni”” — analisi delle motivazioni del sequestro e delle accuse. (Milano Today)
  • “Il Giorno – Sospetto ictus per Davide Lacerenza. L’ex titolare della Gintoneria ricoverato al Policlinico di Milano” — cronaca del malore e implicazioni sul suo stato di salute e percorso di disintossicazione. (Il Giorno)
  • “LaPresse – Milano, revocata la licenza alla “Gintoneria” di Davide Lacerenza” — comunicato sulla revoca della licenza del locale come conseguenza dell’inchiesta. (LaPresse)

Link per l’aspetto Personale

Approfondimenti per l’aspetto Business

Qualche risorsa per l’aspetto Branding

  1. https://www.libero.it/magazine/personaggi/davide-lacerenza-157030
  2. https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/25_marzo_04/davide-lacerenza-chi-e-il-titolare-della-gintoneria-di-milano-arrestato-la-ferrari-con-il-suo-nome-stampato-sul-cofano-le-81b21bd4-030f-4706-968f-daa3bec64xlk.shtml
  3. https://tg24.sky.it/cronaca/2025/03/04/davide-lacerenza-stefania-nobile-gintoneria
  4. https://www.donnaglamour.it/chi-e-davide-lacerenza/curiosita/
  5. https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/davide-lacerenza-gintoneria-rglaix70
  6. https://www.italiaatavola.net/horeca/2024/6/27/davide-lacerenza-252mila-follower-ecco-come-fanno-soldi-influencer/106098/
  7. https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/sch-gintoneria-chiusa-lacerenza-nobile-pt0fb2m7/chi-e-davide-lacerenza-l’uomo-della-ferrari-e-delle-“sciabolate”
  8. https://www.engage.it/agenzie/podcastory-davide-lacerenza-nicole-blasi.aspx
  9. https://www.youtube.com/watch?v=MR13YddPz_U
  10. https://libridimarketing.blog/i-segreti-del-personal-branding/

immagine di copertina: qui

Aiutiamo organizzazioni culturali, liberi professionisti e aziende a compiere la loro missione, raccontandone il valore e la bellezza.

La nostra agenzia di Marketing specializzata in Branding ha come missione quella di supportare il lavoro e l’impegno quotidiano di chi lavora tutti i giorni affinché alle persone non manchi mai nutrimento essenziale per l’anima e alla società non manchino mai prospettive di miglioramento.

Scopri i nostri servizi

Il mondo è in costante mutamento e il pubblico cambia le sue preferenze giorno dopo giorno. In questo scenario dinamico, i Brand devono crescere e adattarsi per rimanere rilevanti.

È FONDAMENTALE AVERE UNA SOLIDA BRAND IDENTITY, UNA CHIARA MARKETING STRATEGY E UN GRAPHIC DESIGN ALL’AVANGUARDIA.

Aiutiamo organizzazioni culturali, liberi professionisti e aziende a compiere la loro missione, raccontandone il valore e la bellezza.

La nostra agenzia di Marketing specializzata in Branding ha come missione quella di supportare il lavoro e l’impegno quotidiano di chi lavora tutti i giorni affinché alle persone non manchi mai nutrimento essenziale per l’anima e alla società non manchino mai prospettive di miglioramento.

Scopri i nostri servizi

Il mondo è in costante mutamento e il pubblico cambia le sue preferenze giorno dopo giorno. In questo scenario dinamico, i Brand devono crescere e adattarsi per rimanere rilevanti.

È FONDAMENTALE AVERE UNA SOLIDA BRAND IDENTITY, UNA CHIARA MARKETING STRATEGY E UN GRAPHIC DESIGN ALL’AVANGUARDIA.

We Brand: un’Agenzia

di Branding come Partner

Il nostro processo è semplice, lineare e studiato appositamente per creare Brand Identity agili, credibili e duraturi nel tempo. Il nostro obbiettivo è dare la possibilità ai nostri clienti di esprimere i propri valori, il proprio talento, lavoro e arte al meglio. Per questo è fondamentale l’ascolto, la comprensione e tutto l’impegno che ci mettiamo. Siamo un’Agenzia di Marketing specializzata in Branding e amiamo coinvolgere i nostri clienti durante varie fasi del lavoro così da creare un progetto condiviso, che ispiri fiducia e Visione.

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potrebbe interessarti anche
Chi è l’avvocato Massimo Lovati?

Chi è l’avvocato Massimo Lovati?

Chi è l'avvocato Lovati? Il caso di Massimo Lovati non è un semplice racconto processuale: è una lezione di branding mediatico in tempo reale. Qui analizziamo come da avvocato si sia trasformato in “marchio vivo”, sfruttando tensioni, contraddizioni e narrazioni...

leggi tutto

Raccontaci

i tuoi sogni

Come possiamo aiutare voi e il vostro Brand a distinguervi nel mondo competitivo di oggi? Il nostro team è in grado di creare nuovi Brand dall’inizio alla fine o di far rivivere quelli esistenti.

Scrivi il tuo messaggio e ti risponderemo entro 12 ore

Informativa sulla privacy

Scrivi il tuo messaggio e ti risponderemo entro 12 ore

Informativa sulla privacy

I nostri servizi